Dalla radiazione solare all'energia elettrica: le diverse tecnologie
Si illustrano di seguito le differenti metodologie di conversione in energia elettrica delle radiazioni solari per meglio chiarire le differenze intrinseche tra un prodotto riconducibile
ad una tecnologia piuttosto che ad un'altra.
Silicio cristallino
Si tratta di moduli prodotti partendo dal silicio in forma cristallina quale semiconduttore. Le celle del modulo sono prodotte in modo differente a seconda che si utilizzi silicio mono o policristallino:
- silicio monocristallino: le celle vengono prodotte “affettando” un lingotto di monocristallo di silicio. Il lingotto viene ottenuto tramite la fusione del polysilicio dentro ad opportuni crogiuoli
rotanti (tecnica Czochralski) e vengono tagliati dopo il raffreddamento in sottili fette di silicio di dimensioni circa 156x156 mm con uno spessore di 0,35/0,15 mm. Dopo opportune lavorazioni si ottiene una cella
fotovoltaica con efficienze di conversione dal 18% al 23%
- silicio policristallino: la sostanziale differenza con la cella monocristallina consiste nella metodologia di costruzione del substrato, che viene ottenuto mediante l'organizzazione di grani ordinati di silicio e
pertanto non strutturalmente omogeneo. Le tecniche realizzative sono varie e l'efficienza di conversione della cella risulta molto prossima alla precedente, indicativamente dal 16% al 21%.
Film sottile (thin film)
- silicio amorfo (aSi): tecnologia basata sul silicio amorfo idrogenato che può essere deposto su una lastra di vetro per mezzo di un processo chimico industriale. Si tratta di una tecnologia che consente di
realizzare moduli particolarmente indicati per catturare la radiazione diffusa e riflessa. Sono moduli che possiedono un grado di efficienza piuttosto modesto, nell'ordine dell'8% e quindi richiedono circa il doppio di
superficie rispetto alla tecnologia cristallina di cui sopra (a parità di potenza installata), ma rendono sensibilmente di più producendo maggior energia
- silicio micromorfo (mSi): si tratta di una tecnologia basata ancora esclusivamente sul silicio. Sono moduli basati sull'impiego di celle a doppia giunzione in silicio amorfo e microcristallino in modo da sfruttare
i vantaggi delle due tecnologie. Per celle a doppia giunzione si intende, in parole semplici, due celle sovrapposte: la prima cattura fotoni di una certa energia e lascia passare quelli ad energia più bassa,
che vengono quindi catturati dalla cella inferiore
- calcopirite: si tratta di pannelli in cui come semiconduttore, al posto del silicio, si utilizza un composto ABC2 dove A è un elemento dell'11° gruppo della tavola periodica, quindi Rame Argento o Oro,
B è un elemento del 13° gruppo, quindi Alluminio, Gallio, Indio o Tallio, mentre C può essere Zolfo, Selenio o Tellurio. Fanno parte di questa famiglia i moduli CIS CIGS. Si tratta di moduli con un'efficienza
di conversione intorno al 15%, tecnologia che sta guadagnando quote di mercato interessanti grazie al buon comportamento in condizioni di irraggiamento non ottimale e ad una minore dipendenza dell'efficienza
dalla temperatura di funzionamento rispetto alla tecnologia a base di silicio
- tellururo di Cadmio: è una tecnologia studiata dal 1950, le cui prime applicazioni risalgono al 1960. Si tratta di un modulo a doppia giunzione CdS/CdTe depositati su una lastra di vetro tramite un processo di
sputtering o di sublimazione (eV=1,45). Questo tipo di cella è in grado di assorbire in modo più efficace la radiazione solare rispetto al silicio e la sua performance risente molto meno dell'aumento di
temperatura. Il Cadmio e il Tellurio sono tossici nella loro forma metallica, quindi le considerazioni di impatto ambientale riguardanti questo tipo di celle solari devono essere oggetto di particolare attenzione
- multigiunzione III-V: celle a più giunzioni (eg da 0,68 a 2,2 eV), realizzate con composti metallorganici (MOCVD) con efficienze di conversione intorno al 40% in laboratorio. Prodotte da poche aziende per
satelliti spaziali e comunque destinate a lavorare in parallelo e quindi ad essere impiegate su moduli a concentrazione almeno a 300 soli.
Celle di terza generazione
- celle di Gratzel o celle solari sensibilizzate con coloranti DSSC: sono le celle di terza generazione che attualmente offrono le efficienze più elevate. Il loro funzionamento ricorda molto da vicino il
processo di fotosintesi. Nella cella di Gratzel una molecola organica o ibrida, analoga alla clorofilla ma costituita da un reticolo di nanoparticelle di biossido di titanio mesoporoso immerso in un
elettrolita, assorbe i fotoni trasformandoli in energia elettrica. Data la bassa efficienza di questo tipo di celle (11% in laboratorio), per quanto molto economiche, l'utilizzo di prodotti basati su
questa tecnologia è limitato a dispositivi portatili o pieghevoli come caricabatterie e/o capi di abbigliamento
- celle fotovoltaiche polimeriche BHJ (Bulk Heterojunction) dette anche “Power Plastic”: sviluppate intorno al 2000, sono oggi oggetto di studio da parte di numerosi enti. Si tratta di celle flessibili dove il
semiconduttore è un polimero. Attualmente l'efficienza in laboratorio di queste celle non supera il 6,5% e la commercializzazione di questi moduli è limitata, come nel caso precedente.